Vi abbiamo raccontato in maniera approfondita la nuova “moda”: mantenere il prezzo del prodotto uguale, ma modificare le dimensioni delle confezioni o l’utilizzo delle materie più care. Un fenomeno che ha preso piede anche in Italia, già tarata nelle rilevazioni come sottolineato dai colleghi de La Stampa.
E’ stato inoltre rilevato che il processo ha origini più antiche del previsto. Dal 2012 sono stati circa 1.400 i prodotti che hanno cambiato la propria confezione e, di conseguenza, perso contenuto. E addirittura in alcuni casi il prezzo è aumentato.
Quali sono le possibili contromisure da mettere in atto? Ovviamente fare attenzione ai rincari nascosti. Sebbene non sia sempre facile, è possibile controllare eventuali avvisi sulle modifiche di quantità di prodotto da consumare.
Purtroppo non si tratta di poche eccezioni. Il fenomeno è stato addirittura analizzato dall’Ons, l’istituto di statistica inglese, ma anche dall’Istat che lo sta tenendo d’occhio. Di fatto, apparentemente il prezzo d’acquisto resta lo stesso ma, diminuendo le quantità, di fatto aumenta: una nuova brutta abitudine che ha preso il nome di Shrinkflation, una parola mista che unisce due termini: contrazione e inflazione.
Per recuperare le perdite le aziende avrebbero attuato questa nuova strategia. In Italia il processo pare appena avviato, ma se dovesse svilupparsi c’è un allarme già noto all’Istat: la modifica delle confezioni potrebbe anche influire sulla correttezza del calcolo dell’inflazione.