Questo libro di Alvi, per la sua incisività polemica, farà molto discutere. Qui non solo si svela la pochezza e l’inadeguatezza di una certa impostazione dominante del pensiero economico, che continua pervicacemente a proporsi come «un’imitazione fallita delle scienze naturali», ma si rivelano altre vie di quel pensiero che erano state abbandonate frettolosamente e oggi potrebbero tornare a rivelarsi preziose, si tratti della scuola storica tedesca o di Sombart, di Polanyi o di Veblen, di Simmel o di Sorokin, di Perroux o di Adriano Olivetti (del quale viene rivendicata, con argomenti nuovi, l’esperienza di Comunità). E la trattazione è sinuosa, aforistica, intrecciata con quei fatti della storia e della cultura che gli economisti ortodossi sembrano dilettarsi a ignorare.