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Confesercenti: nasce Gig-Imprese in Italia. Quali tutele per i lavoratori?

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La Gig Economy è riconosciuta all’estero come una delle forme più innovative dell’economia digitale. In Italia invece si traduce sostanzialmente in “economia dei lavoretti”, realizzata con forme contrattuali e remunerative poco chiare.

Questi i temi affrontanti nella tavola rotonda tra il Ministro Di Maio e Confesercenti, voluta per mettere a punto un sistema di riferimento per le attività lavorative svolte su piattaforme digitali. Dalla ristorazione al turismo, passando per una vasta gamma di servizi, sono attività che coinvolgono circa 700 mila lavoratori italiani.

In questa categoria non figurano solo giovani studenti tra i 18 e i 29 anni che svolgono temporaneamente la professione di “riders”, ma anche over 40 colpiti dalla crisi ed in cerca di occupazione.

Secondo l’analisi di Seometrics.it, ci troviamo di fronte ad un modello economico innovativo, ma che necessita di un quadro normativo chiaro per poter essere adoperato dalla piccole e medie imprese.

I “lavoratori delle app” infatti, non hanno solo da risolvere la questione remunerativa (guadagni troppo bassi rispetto alle ore lavorative). Essi operano al di fuori di ogni tutela legale costituendo una nuova categoria di lavoratori, che non rientra né tra i subordinati e né tra gli autonomi.

Il problema non sarebbe l’innovazione tecnologica. Il mercato sembra rispondere bene e il servizio risulta gradito ai consumatori. Piuttosto si tratterebbe di un’assenza di regolamentazione, mai discussa in parlamento.  Una soluzione? Creare la categoria degli indipendent workers, come in altri paesi, riconoscendo loro il diritto a uno standard minimo di retribuzione, alla previdenza e tutela contro i licenziamenti.

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